Taxi fermi e proteste: i tassisti alzano la voce in tutta Italia, il governo valuta modifica a Ddl Concorrenza

Al centro del malcontento la norma sulla liberalizzazione del settore

Taxi fermi e proteste: i tassisti alzano la voce in tutta Italia, il governo valuta modifica a Ddl Concorrenza

Negli ultimi giorni è tornata a farsi vemente la protesta dei tassisti in tutta Italia, da Milano a Torino e Napoli. La contestazione è arrivata fino a Roma, cuore delle proteste, con i conducenti delle auto bianche che si sono radunati nei pressi di Palazzo Chigi, dove ci sono stati momenti di tensione che hanno messo a dura prova l’ordine pubblico nella capitale, per far sentire la loro voce.

Il no alla liberalizzazione del settore: Uber e licenze

La protesta dei tassisti è motivata dalla richiesta al governo dello stralcio o una revisione dell’articolo 10 del Ddl Concorrenza, che affronta il tema della liberalizzazione del settore. In particolare, l’articolo del disegno di legge che di fatto conferisce al governo la delega per riformare il settore, scatena due grandi timori per chi guida i taxi: la libera concorrenza, che si tradurrebbe in una sorta di via libera a Uber e operatori simili, e la liberalizzazione delle licenze nel trasporto pubblico, che porterebbe anche ad un deprezzamento del valore delle licenze stesse.

Il governo valuta una modifica al Ddl Concorrenza

La posizione dei tassisti è irremovibile sulle richieste ribadite con rabbia in piazza e per le quali si dichiarano pronti a protestare a oltranza: stralcio dell’articolo, prosecuzione della riforma del servizio già avviante nel 2019 e riapertura di un tavolo di confronto con l’esecutivo. Sulla spinta dei sindacati, che fanno anch’essi pressing sul governo, per arrivare a un dialogo con i tassisti che possa condurre a soluzioni equilibrate e condivise, il governo sarebbe intenzionato, stando a quanto filtra, a rivedere l’articolo 10 del Ddl Concorrenza e sarebbe dunque pronto a lavorare a una riformulazione arrivando a un compromesso accettabile sia dai tassisti che dall’esecutivo.

Gli Uber Files: benzina sul fuoco delle proteste dei tassisti

La protesta dei tassisti è tornata ad infiammarsi in tutta Italia anche per via della pubblicazione degli “Uber Files“, così come sono state giornalistiche definite le rivelazioni del manager irlandese Mark MacGann, che ha lavorato per Uber dal 2014 al 2016 come capo lobbista per Europa, Medio Oriente e Africa, e che nei giorni scorsi ha fatto trapelare oltre 124.000 file aziendali tra mail, documenti e chat di messaggistica che hanno fatto emergere le attività di lobbying di alto livello esercitata dall’azienda statunitense nei confronti dei governi di diversi Paesi dell’Ue. A proposito dell’operato di Uber e delle pressioni per modificare la regolamentazione del settore dei trasporti, MacGann ha affermato: “Abbiamo venduto alle persone una bugia. Le leggi? Violate in dozzine di Paesi”.

Accuse dalle quali Uber si è difesa dichiarando: “Comprendiamo che Mark ha rimpianti personali per i suoi anni di ferma lealtà alla nostra precedente leadership, ma non è nella posizione di parlare in modo credibile di Uber oggi”. La società americana, riconoscendo gli errori del passato, sottolinea la trasformazione operata nel 2017 con l’arrivo del nuovo amministratore delegato, Dara Khosrowshahi: “Non abbiamo e non creeremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali”, ha affermato un portavoce.

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